Разделяй и властвуй! Вопрос о сепаратном мире с Болгарией в политике держав Антанты (октябрь 1915 - март 1916 г.)

Г. Шкундин

 

RIASSUNTO

 

 

Alleandosi (nel settembre–ottobre del 1915) alle Potenze centrali, lo zar bulgaro Ferdinando di Sasso-Coburgo-Gotha e il capo del governo di “accentramento liberale”, dottor Vasil Radoslavov, commisero un errore che si sarebbe rivelato fatale per loro stessi, e per tutta la nazione bulgara: il paese, infatti, scese in campo a fianco delle potenze destinate alla sconfitta. Ma si poteva rimediare a questo errore? Vi furono, durante l’inverno e i primi mesi della primavera del 1916, delle reali possibilita di staccare la Bulgaria dal blocco delle Potenze centrali per mezzo di una pace separata con l’Intesa? A questa domanda si propone di rispondere la presente ricerca.

 

La prima condizione indispensabile a far si che questa possibilita si avverasse, sarebbe stata l’ammissione dell’errore da parte dei diretti responsabili (che continuavano a detenere il potere); pero, i presupposti necessari a compiere un passo del genere mancavano. Dopo la disfatta dell’esercito serbo (ottobre–dicembre 1915), a Sofia si diffuse un senso d’euforia per i successi – per i propri, una volta tanto, e non per quelli tedeschi. Certo, anche la fede nella fortuna dello Stato maggiore tedesco perdurava incrollabile. D’altro canto mancava non solo la volonta di ammettere l’errore e di porvi rimedio, ma anche l’oggettiva possibilita di farlo. Alla fine di marzo del 1916, lo zar Ferdinando e il governo Radoslavov si trovavano gia in condizioni di grandissima dipendenza dalla Germania: dipendenza economica, politica e militare. Per questo l’esito di un loro eventuale tentativo di sciogliersi dallo stretto “abbraccio” dell’alleato tedesco si presentava assai dubbio.

 

D’altra parte anche la situazione dell’Intesa non favoriva la conclusione di una pace separata con la Bulgaria. Anche presupponendo che i bulgari avessero cercato di intavolare trattative con tutte le potenze dell’Intesa contemporaneamente, tale tentativo sarebbe andato inevitabilmente incontro a un insuccesso, a causa delle differenze di vedute fra tali stesse potenze. All’interno di questo blocco non c’era un intercessore che potesse con autorita sottoporre alla coalizione la questione di una pace separata, e ottenerne almeno una disamina collegiale e imparziale. La Russia non poteva fungere da intermediario, per motivi di carattere emozionale e psicologico. I francesi erano bloccati da considerazioni di tipo economicofinanziario, e a parte cio avevano anche da risolvere l’annosa questione relativa agli scopi e ai motivi della spedizione di Salonicco, strettamente collegata alle ambizioni personali del primo ministro, Aristide Briand. Quanto alla diplomazia britannica, essa in generale non aveva un ruolo da protagonista nello scacchiere balcanico, in quanto (tranne poche eccezioni) i vertici politico-militari dell’Impero britannico non ritenevano che la penisola balcanica avesse un’importanza strategica tale da garantire una rapida e vittoriosa conclusione delle ostilita.

 

Per esclusione, dunque, solo il governo italiano poteva effettivamente fungere da intercessore per giungere a una pace separata con la Bulgaria. Fra Roma e Sofia, prima della guerra, non esisteva nessun particolare attrito, nessuna diversita di vedute, che avessero radici storiche tanto profonde e possedessero un tale peso da condizionarne le reciproche relazioni. Per tutta una serie di motivi, la Consulta aveva interesse a conservare una forte Bulgaria dopo la conclusione della guerra. Proprio l’Italia, dunque, poteva diventare per i bulgari una specie di “cavallo di troia”, capace in caso di bisogno di “penetrare” nel campo dell’Intesa e di avviare delle trattative di pace separata. A tale scopo, sulla questione bulgara si poteva cercare di separare la posizione dell’Italia da quella dei suoi alleati; ma il governo bulgaro non vi si impegno particolarmente. La stessa Italia, inoltre, era troppo debole per far si che il proprio punto di vista si concretizzasse in una politica reale e autonoma. In teoria Roma poteva solo far si che la sua posizione fosse accettata nelle altre capitali delle potenze alleate. Perfino la conferenza interalleata svoltasi a Parigi alla fine di marzo del 1916, e conclusasi (a causa delle pressioni serbe) con un giudizio negativo circa le possibilita di concludere una pace separata con la Bulgaria, aveva lasciato uno spiraglio per possibili iniziative della Consulta in tale direzione.

 

Nella questione della pace separata fra l’Intesa e la Bulgaria, possiamo osservare un interessante caso di diplomazia coalizionistica, con tutti i suoi vantaggi e svantaggi. Aveva davvero ragione Winston Churchill, il quale (in tutt’altra occasione) disse: “e una disgrazia fare la guerra

 

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insieme a degli alleati, ma e una disgrazia ancor piu grande farla senza di loro”. La diplomazia alleata avrebbe potuto far uscire la Bulgaria dal conflitto, solo in presenza di tre elementi concomitanti: 1) un progetto teorico di trattato di pace che soddisfacesse la Bulgaria;

 

2) delle reali forze politiche all’interno del paese, capaci non solo di accettare l’idea di una pace separata, ma anche di renderla attuabile; 3) successi militari sui fronti. Come evidenzia il contenuto del libro, la concomitanza di questi elementi non si produsse mai per tutta la durata del periodo preso in considerazione. E in questo senso l’errore commesso dallo zar Ferdinando e dal governo Radoslavov sulla carta il 6 settembre 1915, e tradotto nei fatti il 14 ottobre successivo, resto da ogni punto di vista irrimediabile. Una pace separata fra la Bulgaria e le potenze dell’Intesa era impossibile per principio; la Bulgaria resto saldamente legata alla macchina bellica tedesca, e fu condannata insieme ai suoi alleati a bere fino in fondo l’amaro calice della sconfitta.

 

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