Monumenta Historica Slavorum Meridionalium Vicinorumque Populorum

Volumen II. Genua, Mantua, Mediolanum, Panormus et Taurinum.

  

Историјски споменици јужних словена и околних народа из италијанских архива и библиотека.

Књига друга. Ћенова, Мантова, Милано, Палермо, Турин

 

исписао

Вићентије Макушев,

Редовни професор у Свеучилишту Варшавском, дописни члан Петроградске Академије за науке, Српскога Ученог Друштва и т.д. 

 

У Београду.

У Штампарији Краљевине Србије, 1882

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Table des matières.

     Préface.

I. Monuments tirés de l'Archive de Gènes  (Monumenta e tabulario Januensi deprompta)  3
        A) Monumenta Ragusina  (1—8)
        B) Monumenta Polonica  (1—3)
        C) Momenta Turcica  (1—2)

    Appendix  17

 

II Monuments tirés de l'Archive de Mantoue  21

 

III. Monuments tirés de l’Archive et de la Bibliothèque d’Ambroise de Milan  79

A) L’Archivio Governativo  81

B) Bibliotheca Ambrosiana  226

    I. Litterae variae 1454—1459. (1—4)  226
    II. Litterae. Oratorum ducalium Venetus ad sermum ducem Mediolani.  229
    III. Monumenta varia XV—XVII sec
        1. PS. in una lettera ad Mathiam Corvinum, 15 Augusti 1476  238
        2. Via sive iter a Civitate Venetiarum usque ad Tanaim sive Tanam  239
        3. Copia d’un discorso fatto dal Sor Paolo Giorgiu gentilhuomo Ragugeo al Sermo Principe di Transilvania sotto il di 10 Gennaro 1595, nel qual tempo S. A. haveva la sua Cavallaria e fanteria in Moldavia ...  241-253
        4. Insignibus virtutibus ac scientiis erudito Jacobo Aloysio Cornelio, Patricio Veneto  253

 

IV. Monuments tirés de l’Archive de Palerme  257

 

V. Monuments tirés de l’Archive de Turin  305

 

 

         (Préface.)

 

Le 1er volume du présent Recueil des documents a paru à Varsovie en 1874.

 

Des raisons de santé et des circonstances défavorables m’avaient empêché jusqu’à présent de continuer la publication.

 

En me rendant l’année passée à l’étranger, je pris avec moi les matériaux pour le second volume avec l’espoir d’y trouver un éditeur et j’eus le bonheur d’en trouver un.

 

Pendant mon séjour à Belgrade la Société Savante Serbe me fit la gracieuse proposition de publier ce volume dans ses Mémoires (Glasnik), à quoi je consentis avec plaisir.

 

Les cinq premières feuilles furent imprimées sous ma propre direction ; l’impression de tout le reste, après mon départ de Belgrade , fut confié aux soins obligeants de Mr Jean Boshkowitch, professeur de la Haute Ecole. Les difficultés que présentait mon manuscrit en diverses langues avec leurs dialectes sont la cause des nombreuses erreurs qui se trouvent dans le texte imprimé, mais corrigées à la fin de ce livre.

 

Les présent volume contient les documents que j’ai puisés dans les Archives de Gènes, de Mantoue, de Milan, de Palerme et de Turin et dans la Bibliothèque d’Ambroise de Milan pendant mon voyage en Italie

 

 

VI

 

en 1869—1871. Je les publie sans commentaires, parce qu’ il m’a été impossible d’emporter avec moi à l’étranger les livres indispensables à ce sujet.

 

Il est de mon devoir en terminant de présenter mes plus sincères remer ciments à la Société Savante Serbe, qui a bien voulu se charger de la publication de ce volume, et surtout à Mr Stoian Bochkowitch, qui en sa qualité de président de la dite Société me fit l’honneur de proposer la publication de mes matériaux dans le Glasnik, et à Mr le professeur Jean Bochkowitch, sous la surveillance du quel ce livre a été imprimé presque en entier.

 

V. Makouchew.

 

Varsovie, le 3/15 Mai 1882.

 

 

 

 

I. MONUMENTA E TABULARIO JANUENSI DEPROMPTA.

 

 

A) MONUMENTA RAGUSINA.

 

 

1.

24 Febrajo 1580.

Alli Illustrissimi Signori Rettore et Consiglieri della Republica di Ragusa.

 

La mutua amicitia et corrispondenza d’animo tra le Signorie Vostre Illustrissime et noi et la continua conversatione tra li suoi mercanti et li nostri ci assicurano di poterci noi sempre promettere dalla loro molta amorevolezza et cortesia tutto quello, che vogliamo, ch’in tutte le occasioni esse ci possino prometter di noi. Vostre Signorie Illustrissime vederanno per l’alligato memoriale quello di che siamo stati supplicati da molti nostri cittadini a commodo et beneficio delle loro lane et merci, che hanno noleggiato nel tempo contenuto nel memoriale suddetto sopra la nave Ragusea patroneggiata dal patrone Giovanni di Piero più in esso nominato. Et come che siamo certificati esser vero, che fù noleggiata in detto tempo et che li 5 di Ottobre prossimo passato il vassello hebbe dal nostro Officio di sanità della città nostra

 

 

4

 

la dovuta patente et expeditione, cosi ne rendiamo ogni opportuna fede alle Signorie Vostre Illustrissime et insieme, che l’influsso del mal contagioso non si estendeva per la città nostra, se non in alcuno luogo deir Infimi et tra persone di bassa conditione et ch’il testimonio, che le n’è fatto da nostri magistrati, è vero

 

Onde stando le cose ne termini, che diciamor ci pare potere et con ragione et con honestà raccom-mandare, si come con ogni caldezza facciamo, questi nostri cittadini et le robbe loro alle Signorie Vostre-Illustrissime in maniera che sotto alcun pretesto per aventura di rischio di detto male et che cosi non sia, non venghino a patir un danno cosi notabile. Il che siamo certi, che sarebbe totalmente contra la retta mente et volontà loro rettissime et amorevolissime con ciascuno et tra gl’ altri con cittadini nostri et figliuoli della nostra Republica, et si come facciamo questo Officio et questa raccommandatione con tutta questa pronta volontà di compiacere alle Signorie-Vostre Illustrissime in cosa di maggior rilievo, cosi ci riputeremo a singularissima cortèsia, che questi nostri cittadini cognosessino, che questa nostra intercessione gl’apporti quel buon frutto, che ce ne promettono et che noi in simili et in cose maggiori aspettiamo dall’ Illustrissime Signorie Vostre, alle quali preghiamo quella, maggior prosperità, che più desiderano. Di Genova li 24 di Febraio 1580.

 

Di V. S. Ill-me

 

Amorevolissimi per servirle.

 

(Minuta delle lettere al Doge di Venezia 1556—1588)..

 

 

5

 

2.

9 Decembre 1581.

Alli Ilmi Sri Rettore e Consiglieri della Repca di Ragusa.

 

Ci è stato fatto intendere da molti gentilhomini mostri partecipi nelle lane caricate nel principio della passata peste sopra la nave di Gio. di Piero, che ha-vendo essi conforme all' accordo preso con Vostre Signorie Illustrisene, quando da quelle ottenero licenza di purgare esse lane nell’isola vicina a cotesta citta sessanta miglia, operato, che in Venetia fusse dalli doi elletti uno per parte delle prefate Signorie Vostre Illme, l’altro per parte loro, dichierato il prezzo di dette lane, a fine che ellegendo di ritenerle per lor’uso potessero farlo, altrimente gliele facessero relassare, et ottenuta et intimata essa dechiaratione, non di meno sino adhora non hanno in questo particolare havuta risolutone alcuna, dal che risulta a essi interessati rilevato danno. Onde ci hanno richiesto, che vogliamo scriverne alle Signorie Vostre Illustrissime, essendoci parsa la lor’domanda honesta, havemo riputato esser parte nostra di pregarle, come faciamo, che siano servite di dar quanto prima espeditione al sudetto negotio, rissolvendolo ó in Puna, ó in l’altra maniera conforme alla fede publica, che l’hanno dato, perchè oltra al far cosa giusta, comme è lor’ solito, noi gliene resteremo con molto obligo e desiderio di riservirle in cosa maggiore. Nostro Sor Iddio le conservi. Di Genova il di IX di Decembre MDLXXXI.

 

Di Vostre Signorie Illustrissime

 

Amorevolissimi per servirle.

 

(Minuta delle lettere della Republica di Genova alla Rep. di Ragusa)

 

 

6

 

3.

18 Marzo 1622.

Al Sermo Prencipe, Sre nostro Ossermo, Il Sor Doge della Rca di Genova etc.

 

Serenissimo Prencipe, Signore Nostro Osservan-disimo.

 

Siamo certissimi, che quando al Spettabil Offitia della Misericordia di Vostra Serenità fusse stato nota il pregiuditio, che ne poteva nascere, come in effeta vi nasceva all’ Offitio della nostra Thesoreria dalla commissione ultimamente data da quello al Revmo Monsignore Arcivescovo nostro e provision del denara perciò fattale per l’esecutione di certa ordinatione testamentaria di quondam Marino Picutti d’izola di Mezzo osia Gio. Garzia nostro suddito, per la inolta bontà e prudenza del detto Spettabil Offitio, detta Commissione sarebbe stata fatta da quello al detta Offitio della nostra Thesoreria, comme già segui del 1608 e come con una nostra a parte ne lo habiamo pregato, che nell’avvenire continui, con tutto ciò per haver occasione di essere tanto maggiormente obligati a Vostra Serenità la preghiamo con ogni debita modo a restar servita d’interporvi il mezzo e l’autorità sua, affine che’l detto spettabile offitio, tanto più volontieri si compiaccia di servirsi nel particulare sudetto del detto offitio della nostra Thesoreria perciò instituito dalli nostri maggiori, al quale altrimente si causarebbe non poco pregiuditio, cosa che sappiama essere alienissima dalla innata benignità di Vostra Serenità, alla quale perfine bacciamo le mani con offerircele prontissimi in tutte le occasioni di suo

 

 

7

 

servigio, che preghiamo dal Signore lunga e felice vita. Di Ragusa, il di 18 di Marzo 1622.

 

Di Vostra Serenità

Divotisimi

Il Rettore et i Consiglieri.

 

† 1622 a 6 Maggio,

letta al Ser-mo Senato.

S’intenda de Ministri dell’Ufficio di

Misericordia quelo che. ...

a 19 Maggio.

letta al Ser-mo Senato di novo e letta le informationi

dell' Ufficio di Misericordia, se le responda per parole

generali remettendoli a d° Ufficio per ....

(Lettere Princtpi, Ragusa 1622—1681).

 

 

4.

16 Agosto 1672.

Alli Serenissimi Signori Duce e Governatori della Republica di Genova, Signori Collendissimi.

 

Serenissimi Signori, Signori Collendissimi.

 

Trà le perdite, che non ordinarie ha fatte questa Republica nel caso funestissimo del terremòto, gravissima si stima da noi. quella, che s’è fatta d’alcune insigni reliqie. Una di queste, che è la reliquia del glorioso Santo Biagio nostro Protettore involataci dall’empia perfìdia d’uno de nostri vassalli e sacrilegamente venduta, è capitata in cotesto Serenissimo Dominio, e dopo varii accidenti per commandamento di Vostre Serenità levata dalla casa, ove si tenea occultata, e stata riposta nella loro Reai Capella. Essendo noi piu che certi del benignissimo affetto di

 

 

8

 

Vostre Serenità palesato in tutti i tempi verso questa Republica siamo con la presente a supplicarle con ogni più riverente affetuosa maniera, che per la loro infinita Immanità restino servite consolare questa Republica col rilassarci questa reliquia, la recuperatione della quale ci preme tanto in risguardo della nostra singolarissima divotione verso il Santo, dalla cui continua miracolosa Protettione noi riconosciamo la conservatione di questo Dominio e della liberta, che noi godiamo. La loro somma benignità e la nostra humilissima osservanza verso co testa Serenissima Republica c’assicurano di questo giustissimo compiacimento, a cui devenirà la non men pia, che Reale generosità di Vostre Serenità, e c’ affidano d’una gratia, la quale si come colmarà in eccesso l’altre nostre infinite obligazioni dovute alla magnanima munificenza di cotesta Serenessima Republica, cosi che constituirà in grado di vantare di continuo questo novo obligo, che n ’haveremo a Vostre Serenità alle quali baciando affettuosissimamente le mani auguriamo il colmo d’ogni più desiderata felicità.

 

Ragusa li 16 Agosto 1672.

Di Vostre Serenità

Divotissimi

 

Il Rettore e li Consiglieri della Republica di Ragusa.

 

† 1672. 23 Settembre

letta al Sereni'ssimo Senato.

 

(Ibid).

 

 

9

5.

10 Gennaro 1675.

Alli Serenissimi Signori Duce e Governatori della Republica di Genova, Sigri Colmi.

Sicome le Serenità Vostre nelle perdite causateci del spaventevole terremoto da bel principio con singoiar prontezza d’animo concorsero al sollievo di questa Republica, così hora con eccesso di pari humanità hanno voluto consolarci col rimettere a nostra dispositione la Reliquia del glorioso Santo Biagio nostro Protettore, per godere intieramente del favore, con cui si sono compiaciute le Serenità Vostre contribuire alle nostre sodisfationi, frà breve s’inviarà da noi costà un Sacerdote eh’ haurà cura di trasportarla a Ragusa. Di questa cosi cortese dimostrazione del'* affetto loro noi perpetuamente conservaremo reverente memoria; già che in altra miglior maniera per hora non potiamo palesarle la dovuta gratitudine. Il Signor Iddio conceda alle Serenità Vostre quelle felicità, che col più intimo del cuore noi glie n’auguriamo, assicurandoci che all’hora saranno incapaci d’ogni accrescimento, quando saranno pari ai nostri desiderii. E qui affettuosissimamente lè bacciamo le mani. Ragusa li 10 Gennaro 1675.

 

Divotissimi

Il Rectore e li Consiglieri della Repca di Ragusa.

 

1675 a di 14 Febrajo

letta al Ser-mo Colegio.

 

(Ibid.)

 

 

10

 

6.

30 Gennaro 1675.

Al Sermo Sigre, Duce della Republica di Genova.

 

Riverirà in nome nostro le Serenità Vostre Don Andrea Resti, a cui da noi è stata data Fincumbenzà di ricevere la sacra reliquia per trasportarla a Ragusa. Supplichiamo reverentemente alle Serenità Vostro d’udirlo volentieri con la loro solita innata Immanità, di farli consegnare con lor commodo la detta Reliquia. Egli Pattestarà la nostra infinita osservanza e l’immortali obligationi, che glie ne professiamo per tante grafie e favori ricevuti da loro Reai munificenza. E senza più augurandoli il colmo d’ogni più desiderabile felicità affettuosissimamente le bacciamo* le mani. Ragusa, 30 Gennaro 1675.

 

Di V. V. SS-ta etc.

 

1675. 5 Aprile.

Letta al Ser-mo Senato, il quale ha deliberato,

che si consigni al detto Prete la detta reliquia,

e commessane l’execuzione agli Ex-mi di Palazzo (?)

con farne ricevere atto attéstato

a detto.

Si risponda alla detta lettera con altra

in termini generali di complimento.

 

(Ibid.)

 

 

7.

10 Febraro 1678.

Alla Serma Repca di Genova.

 

L’antichissima nostra osservanza verso la loro Serma Repca e l’affetuosa corrispondenza delle Sertà V. V. con non ordinaria propensione all’ interessi di

 

 

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questa Repca, richiedono, che da noi se li dia parte del gravissimo pericolo, che ci sovrasta ben vicino d’una total rovina di questo Dominio, e della perdita della nostra libertà: assicurandoci, che la pia loro Regale magnanimità, computendo vivamente il nostroimminente infortunio, non ci lassarà in abandono, e che concorrendo prontamente al nostro sollievo, mostrarà, quanto li prema la conservatione di questo stato, e per sicurezza della vicina Italia, e per interesse della Religione.

 

Il Gran Vesiero, che è capitai nemico de Prencipi Christiani, pretende con vanissimo pretesto da noi una essorbitantissima somma di contanti, il sborso della quale si rende impossibile alla nostra tenuità: e si protesta, che non sborsandosi prontamente questo denaro al Passa di Bossina, che a questo effetto haverebbe inviato, li darebbe ordine risoluto, che subito metta a ferro e foco questo stato, e che in appresso gli mandarebbe l’essercito per soggiogare la città. Questa à la certezza, ch’hora habbiamo della minacciata rovina, dubitando ragionevolmente, che come huomo fiero non voglia metter quanto prima in essecutione le sue minaccie. E inevitabile da cantonostro questo imminente esterminio attesa la debolezza delle nostre forze e formidabili quelle del nemico, se la pietà de Prencipi Christiani non si moverà ad assistere con opportuno soccorso al nostro mantenimento; nella generosità dei quali noi habbiamo collocato le-nostre speranze. Ne la somma bontà delle Serta V. V. permetterà da canto loro, che resti defraudata questa nostra confidenza. Il bisogno nostro non ammetta dilationi, ricercando, che con questa risolutione si prevenghino le mosse del commun nemico : onde supplichevoli

 

 

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di qualche rilevante sovenimento rincorriamo alla somma benignità delle Serta V. V., le quali si come con nove gratie cumulavanno gl’altri favori, cosi con nove ed eterne obligationi s’augumenterà la nostra gratitudine. E qui augurando alle Serta Y. V. ogni maggior colmo delle più desiderabili felicità reverente-mente le bacciamo le mani.

 

Ragusa, li 10 di Febraro 1678.

 

(Ibid.)

 

 

8.

14 Febraro 1681.

llli Sermi Sigri, Sigri nostri colendissimi, li Sigri Duce e Governatori della Repca di Genova.

 

Con benignissime espressioni di cordial affetto le Serenità Vostre hanno voluto accompagnare la grandezza dei favori, con li quali la Serenissima Republica s’è compiaciuta di colmare in infinito le nostre obligationi in tempi così calamitosi per noi. In riconoscimento di tante gratie siamo con la presente a portargliene, come faciamo reverentemente, li dovuti ringratiamenti, li quali sebene inferiori al merito delle Serenità Vostre, tuttavia potranno testimoniarle la nostra divota gratitudine, che congionta con un hu-milissimo ossequio perpetuamente li serà da noi professata. Già che non potrà mai la nostra Republica godere compitamente della sua libertà, se prima non riccorre col animo a ramemorare la Regai munificenza della Serenissima Republica di Genova, dalla cui generosità riconoscerà sempre il suo stabilimento

 

 

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e la conservatione. Il Signor Iddio sia quello, che a proportione dei meriti loro e del desiderio nostra colmi le Serenità Vostre delle maggiori e più desiderabili felicità, le quali augurandoli col più intima de cuore reverentem en te le baciamo le mani. Ragusa li 14 Febraro 1681.

 

Del 1681 26 Marzo letta al Ser-mo Senato.

 

(Ibid.)

 

 

B) MONUMENTA POLONICA.

 

 

1.

20 Martii 1474.

Sacrae Regiae Majestati Poloniae etc.

 

Serenissime ac Potentissime Rex. Mittimus ad conspectum Majestatis Vestrae spectabilem ac nobilem civem nostrum carissimum Julianum Gentilem olim Falamanicam, cui nonnulla commisimus ei nostro nomine referenda in causa Johanis Artimir, civis Cra-coviae, pro quo Vestra Majestas superioribus diebus litteras ad nos dedit. Illam Majestatem Vestram oramus, ut dignetur et velit verbis suis ceu nostris fidem plenariam adhibere, parati in omne decus et amplitudinem suam. Januae, die XX Martii 1474.

 

Guido et Consilium.

 

(Liber litterarum III, 1 47 4—14 78.)

 

 

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2.

Datae, ut supra.

Gloriosissimo et Invictissimo Principi et Domino, Domino Friderico, Dei gratia Imperatori Romanorum Augusto etc. nobis colendissimo.

 

Ut supra, mutatis mutandis.

 

(Ibid.)

 

 

3.

Datae, ut supra.

Magnificis et prostantibus viris, amicis nostris carrissimis, dominis consulibus civitatis Cracoviae.

 

Ut supra, mutatis mutandis.

 

(Ibid.)

 

 

C) MONUMENTA TURCICA.

 

1.

13 Marti 1454.

Potentissimo et Excellentissimo Principi, domino Machometo, Turcorum Regi etc.

 

Dum cogitamus, Potentissime et Excellentissime Princeps, non solum veram et solidam pacem, sed etiam maximam benivolentiam, qua Illustrissimus quondam dominus pater vester nos et omnes nostros omni tempore complexus est, dignum nobis visum est legationem ad Sublimitatem Vestram mittere, quae

 

 

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et congratuletur ei et de nobis ac rebus nostris sermonem faciat. Venient igitur ad conspectum vestrum Nobiles et Egregii viri, cives nostri carissimi, Lucanus Spinula et Balthasar Marrufus legati nostri, quos super iis, quae relaturi sunt, diffuse instruxmus. Precamur autem Vestram Excellentiam, ut eos benigne audire et sermonibus eorum indubiam ac certam fidem adhiberi dignetur, tamquam nobis, qui sumus semper in omnem dignitatem vestram ex animo parati. Data XIII Martii (1454).

 

Petrus Dux et Consilium.

 

(Litterae I, 1454—1455.)

 

 

2.

19 Octobris 1571.

Illustrissimis Dominis, Duci et Gubernatoribus Excelsae Reipublicae Januensis, amicis nostris charissimis.

 

Aloysius Mocenigo Dei gratia Dux Venetiarum etc. Illustrissimis Dominis, Duci et Gubernatoribus Excelsae Reipublicae Januensis, amicis nostris charissimis.

 

Siamo svisati dal Capitaneo nostro General da mar, come alii VII del mese presente le armate della Santa lega haveano combatuto l’armata turchesca, la quale era di trecento vele, et l’haveano rotta, et discipata in modo, che non si erano salvati se non pochissimi vasselli, essendo stati tagliati a pezzi il Bassà et quasi tutti li principali di essa, il chè seguì tra Curzulari et Caopapà, luoghi vicini alla Morea. Di questo successo ne habbiamo voluto dar aviso alle

 

 

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Illustrissime Signorie Vostre, le quali havendo noi sempre conosciute amantissime del nome christiano et affettionatissime alla Republica nostra, siammo certi, che ne siano per ricevere quella satisfattane, che si conviene. Onde se ne rallegramo con loro de così segnalato dono, datoci da Dio, nostro Signore, opportunamente in tempi così travagliosi, col quale si deve sperare, che ci sia per aprire la strada a progressi maggiori.

 

Datae in nostro Ducali Palatio die XIX Octobris Indictione XV. MDLXXI.

 

Franceschi Secretarius.

 

(Lettere Principi. Venezia 1465—1588.)

 

 

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    APPENDIX.

 

 

1.

Capella di S. Biaggio, già Capella nazionale Ragusea.

 

Contigua all' altare del Crocifisso.

 

Fondata nel 1581 e più volte ristorata dai mercanti Ragusei, assegnandole in dote il tributo di quattro lire di loro moneta, imposto ad ogni nave mercantile ragusea, la quale approdasse in Genova. La festa poi del Santo tutelare, sinché durò quella piccola Republica, si celebrava con grandissima pompa e collo sparo di tutte le artiglierie a bordo dei legni nazionali ancorati nel nostro porto.

 

Iscrizione sull’ architrave :

 

D. O. M.

Gloriose Virgini Marie Misericordiarum

ac Divo Martiri Biasio Sacrum.

 

Altra iscrizione sulla tavola di marmo colle lettere d’oro, alla man sinistra:

 

D. O. M.

Inclyta Raguseorum Gens, quam olim Alexander ille Magnus tot terra, marique privilegiis donavit, titulisque prodaris fidei et fortitudinis

 

 

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insignivit, nunc maritimis itineribus illustris, sed Christiana pietate clarior sacellum hoc Deiparae ac divo Blasio tutelari dicavit et auxit, publica fide pollicita se pro qualibet ejus navi Genue appel lente quatuor ejus monetae libras patribus hujus Conventus San ctae Mariae de Castello collaturam, omni munerum jure legataeque cerae se abdicans, ea tamen lege, ut partes hi Raguseos singulos, qui pie obierint Genuae propriis omnino sumptibus hument, funus ho norifice exequentes, Sacro eadem die ad aram privilegiis Insignitam solemni pompa peracto, aliisque missis ad sublevandas eas animas adiunctis ; ceterum singulis hebdomadibus in ejus altari pro defun otis semel, bis pro navigantibus ejusdem gentis celebrent, quotannis vero in festivis Assumptae B. Mariae seu octava, ss. Blasii, Hieronymi, Nicolai diebus missam ibi decantent; cui rei annuente generali magistro Ord. Pred. Sixto Fabri Lucen. patres omnes assensere eis dem Raguseis arculam oblationem hoc loco concedentes, quae de putatorum arbitrio reservata, ei quoque Nationi commodo. Quae publico instrumento Jo. Augusti Daomasii notarii rata sunt omnia sub anno MDLXXXI die Septemb. Denique Ragusei beneficio rum memores eorum protectori ac patrono Ulmo D. Jo Augustino Justiniano ejusque uxori, non autem posteris ullis, sepulchri locum hoc eodem in Sacello impartiuntur anno salutis l600 m. dec. d. XII.

 

(Illustrazione storica, artistica ed epigrafica dell’ antichissima chiesa di S. Maria di Castello in Genova del p. Raimondo Amedeo Vigna dell’ Ord. dei Pred. etc. Genova 1864, pp. 191—193).

 

 

2.

 

Dans l’Archive de St. George à Gènes se trouve un document très important pour l’histoire des Bulgares: c’ est le traité conclu en 1387 entre le podestà de Péra, Jean de Messano, et les Ambassadeurs Génois, Gentile de Grimaldi et Gianone del Bosco, d’une part, et les Ambassadeurs d’Ivanchus,

 

 

19

 

fils de Dobordize, prince Bulgare, d’autre part. Ce document a été publié par M. Silvestre de Sacy (Pièces diplomatiques tirées des Archives de la Rép. de Gènes: Notices et extraits des manuscrits de la Bibl. du Roi XI, 65—71. Cnf. Rapp. de S. de Sacy: Mémoires de l’Institut, Classe d’ histoire, 1805).

 

C’ est à la publication de Mr S. de Sacy, que nous renvoyons nos lecteurs.

 

 

II. MONUMENTA E TABULARIO MANTUANO DEPROMPTA.

 

. . .

 

        B. BIBLIOTHECA AMBROSIANA.

 

I. LITTERAE VARIAE 1454—1459.

  

1.

Ex Venetiis 18 Junii 1454. Guarnerius de Castiliono et Nicolaus de Arcimboldis.

 

. . . Heri gionse qua uno Ambassatore del Turcho, con lo quale era d. Jacomo Marcello, che era stato Ambassatore per la pace del Turcho. Non se sa quello voglia exponere, ma questa Signoria ha monstrato al dicto d. Jacomo non buono volto, anzi è stato in periculo de essere posto in prexone, peroche al conspecto de la Signoria andoe in habito de Turcho. Ben havemo inteso, che el Turcho recerca con si stabilimento de pace, et monstra volere venire per la via de Durazo versa Roma, non vetando questa Signoria. Et che interim fa fare maravegliose forteze in Constantinopoli, retirando parte de la terra in una citadclla et uno castello

 

 

227

 

verso il mare et un altro verso la terra et tutti fortissimi, et che haveva cassato tutte le spexe superflue, che faceva el patre in cazie et femine per convertire tutto a la guerra . . .

 

 

2.

Neapoli 22 Maii 1455. Johannes Petrus Missalia. Rmo dno Vioecomiti Ep-o Novar. et comiti etc.

 

... La Maestà del Ré questa pascha mandoe Palermo al Schanderbech in Albania a provedere questo payxe et per intendere come fosse apto et sufficiente a sostentatone de gentedarme; mo è ritornato et hami caricato, che di questo ne scrivesse ad V. S., recommendandose a quella et significandoli, cha la prelibata Maestà ha deliberato remandarlo al prefato Scanderbech cum fanti mille ducento et il Signor Texeo Savello et Sancto Garillo cum casalli cinque cento, sapendo, che V. S. summamente lhavera a piacere . . .

 

 

3.

Ex Venetiis, 20 Februarii 1456. Conte Antonio (de Foligno ?)

 

. . . Dice preterea per le diete lettere (de Ungaria), che per essese venuti e retornati dal Turcho duo ambaxatori del despoti de Rassa, se afferma del certo esser seguida pace tra questo despoti et el Turcho . . .

 

 

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4.

Venetiis 11 Octobris 1459. Marchese de Varese.

 

. . . Rasonando con la soa Signoria soprai fatto dela dyeta, me disse chel papa haurea vogliuto, che loro pigliassero la impresa contra Turchi per mare et le altre possanze qualla di terra, che per modo nessuno non si vole, per he la spesa gli montarea piu che 80.000 ducati lo mese, che LX galee vogliano di spesa 40.000 ducati lo mese dece nave con queste doe 20.000, fanti 8.000 per lo manco 20.000, che ben vogliano concorrere ala spesa del tregesimo per le soe intrato de la Signoria, che ali soy subditi non gli pare de dovergli mettere graveza neserna, salvo la decima ali pryti facia soa Santità come gli piace, et lo vigesimo ali Zudey, che sono nel suo terreno, che in Venesia none po habitare nesuno, ne stare sino per trydi, altrove ne sono in Candia pur assay richj, chel non si sente per ancora, che nessuno Signore tramontano si facia inanze a nesuna cosa.

 

 

229

II. LITTERAE

ORATORUM DUCALIUM VENETUS AD SERmum DUCEM MEDIOLANI.

  

a) Antonii Guidoboni. 12 Octobris 1462.

 

. . . Preterea aviso V. E. . . . che questa Signoria ha havuto de molte lettere del suo Capitano del armata et da tutti li Rectorij suoy del Golfo et de la Morea chel Turco con circa XL galee et fuste et alcune nave grosse sin al numero de sey et altre velie piu legere è andato ad l'ixola de Mettellino disfarla. Et perche fra li altri capitali, che sono fra questa Signoria et lo Turco, ce ne uno chel Turcho non debia uscire fuora del stretto, con armata alcuna et uscendo chel sia licito ad questa Signoria de offenderla, et per questo non se intenda essere rotta la paco. Et Capitano de la armata misser Victore Capello e andato in quello megliore or-dene ha potuto, convocate tutte le sue galee et altri legni deli quali se ha potuto adjutare, verso questa ixola de Mettelino, con intentione sel se vede avantazo de attacarse con dieta armata del Turco et exeperimentare la sua fortuna, la quale deliberatione

 

 

230

 

è dispiaciuta ad questa Signoria. Et per quanto sento da duy. luochi et degni, parme pur, che fra loro consigli sia stato disputato et dicto et consluso, chel non è sano consiglio ad rompere con il Turcho, perche adesso che la pace è facta et la chiesa prospera contra Malateiti, non se ha securta, quando loro fossero attacati, con Turchi, che per V. E. non li fosse facta guerra et che trovandosi impliciti in doe guerre cosi facte, forse fariano male li facti suoy. Et per questo hano mandato et scripto al loro Capitano, che tenga la briglia in mano et non rompa con el Turcho ; pur poteria essere, che inanti giùngessero queste lettere el Capitano loro misser Victorio Capello, quale è virile et animoso homo, haria azuffatosse con loro, che Dio el voglia, per lo mio poco sentimento extimaria fosse utile cosa.

 

 

b) Gerardi de Collis 1464.

 

1.

Die 13 Aprilis.

 

... Ile venuto eri una nave de Modone, qual dice, che Zenoese hano perduto Famagosta, et etiam ho veduto una lettera scripta al pingue da Nicosia, dice lo simile, che ali 20 del passato lo Apostole intro in Famagosta et la hauta per forza de fame con capituli salvi le persone et lo havere, ma ne lo intrare, che feceno, lo Capitanio del soldano volse sachezare alcune case et lo Apostole le voleva defendere, li mamaluchi del soldano ferino lo Apostole, et luy a furor de populo

 

 

231

 

ha tagliato in peze lo Capitanio del soldano et ducento Mamaluchi, et hano mandato dal soldano, non si sa, che seguirà, ben si dice, che quello Capitanio non era accepto al Soldano per essere stato suo contrario in la sua creatione, et per questo se spera dicto Apostole remara inpunito dal Soldano.

 

Ha etiam portato novella dieta nave, che essando andato lo Capitanio del Turcho chiamato Fabulario a campo ad uno castello de uno grecho in la Morea, li christiani funo advisati et li andono per adjuto et troveno li Turchi, che daveno la bataglia a dicto castem et ne hano morto ben trecento et preso cento, quali hano conducti a Modone et li ano tagliato la testa a tuti. . . .

 

 

2.

Die 3 Junii.

 

. .. Ancor si dice, che verso l’Ongaro ha mandato grande zente ne la Servia, ne la Bosna et ne la Bulgaria. Il me pare, che dicto Turcho sia maestro del mestero de larme et habia homini portenti ad orani faticha et fidelissimi. Questo Marbeo he cavalcato in uno giorno et una nocte per venire ad trovare costora più de LXXX miglia et poy sono stati si freschi, che li ano rotti e morti, che quando io lezo queste cosse ne le ystorie romane, me pareno fabule, cioè fare tanto camino con grande exercito. . .

 

 

232

 

3.

Die 26 Julii.

 

. . . Lo Turcho con grande multitudine de zente, secondo che si estima, circha cinquanta milia persone he venuto in uno paese Chiamato Scopia, qual era del despot de Servia et he situato in modo che facilmente po andare in la Servia, in la Bosna, in l’Albania et in Dalmatia et sta ad vedere, se li Ungari passar ano lo Danubio per esserli al contrasto.

 

Lo sobasi de Bosna he corso questi giorni nel paese del conte Stefano de Segna et ha rotto uno figlolo del dicto conte Stefano et chi dice, che dicto figlolo del conte Stefano he remasto presso da Turchi, la mogliere sua cioe de dicto figlolo del conte Stefano era fugita ad Ragusei e li Ragusey non l’ano voluta acceptare per non contrafare ala aderentia hano con lo Turcho.

 

In Albania Scanderbeg era andato con messer Cimarosto firn ale confine del paese tiene lo Turcho, ma intedando, che dicto Turcho era li vicino con grandissima posanza, ha facto retornare in dreto dicto Cimarosto. Et lo predicto Scanderbeg secondo ma dito lo amicus ha mandato uno certo censso alo Turcho et ricomandarsi ad luy. Ma questo de lo censso non lo pero dal altri che sia vero ; he ben vero che Cimarosto he tornato in dreto per pagura et sie posto nele piu forte terre habia de là la Signoria, non si sa si lo habia facto per pagura del Turcho, qual he grosso li presso ho vero per che non si fida bem del pto Scanderbeg, ho per ambi doy respecti.

 

 

233

 

Lo rè de Ungaria anchor non ha passato lo Danubio. Eri sera torno da là messer Francischo Iu-stiniano, et si extima, che dicto re havera grande faticha ad pigiare lo Smedro, che sopra lo Danubio verso la Servia et dubitasi chel consumerà questo pocho de la estate havanti lo possa pigiare, et non havando quello passo mal poria campezare ne in Servia, ne in Bosna per difecto de victualie. Lo dicto rè de Ungaria de tre passi sono su lo Danubio Belgrado, Smedro et Columbatro, non ha si non Belgrado, che sia suo, qual he tanto lontano et piu ale parte de sotto, che non poria haver per quella via victualia, ben lie necessario pigliare prima uno de quelli altri duy passi . . .

 

 

4.

Die 11 Augusti.

 

... Da poy me mostrono due copie de littore scripte da Zara, corno da mille Turchi in Bosna erano tagliati in peze in Jaiza da uno capitanio del rè de Ungaria.

 

... lo re de Ungaria dovea passare lo fiume de la Sava et venire in Bosna ali 12 del presente con exercito de 40.000 fim in 50.000 persone . . .

 

Io dixi corno da me parlando con la Signoria dele cosse del Turcho, corno poria essere sicuro in Albania messer Cimarosto et la gente che vostra Exca li mandara essendo vero quello si diceva, che Scanderbeg fusse in accordio con lo Turcho. Et fume risposto, che loro non haveano pero anchor certeza che dicto Scanderbeg fuse in tuto contro con lo Turcho et che credeano, che luy temporezasse

 

 

234

 

con Io Turcho firn che li zonzessi piu gente de Christiani in Albania et che era vero, che Albanesi erano malia gente de poterssi mal fida de loro. Ma quando ben luy fuse in tuto de acordio con esso Turcho, che non dimancho la gente de V. E. li poterà andare et stare sicuramente corno si fusero in Italia, pero che l’Albania da la parte, che guarda verso la Gretia et la Scopia dove he lo Turcho era tuta cinta de grande et aspere montagnie in modo che gente del Turcho non si meteriano ad intrarli. Et digandoli io corno fara dunchi li nostri a offendere al paese del Turcho, si non porano passare le montagnie et intrare nel suo paese, me disero, che la gente nostra li poria offendere quando lo Turcho si movese de la Scopia, dove che le, per andare verso lo Ungaro, corno he verissimile deba fare, ma stando in Scopia lo Turcho non si poria far nulla . . .

 

 

5.

Die 18 Augusti.

 

... Lo Signor Sigismondo già circha uno mese fa he zonto in la Morea et may non ha scripto cossa alcuna, ma la Signoria ha ben adviso, che dicto Sr Sigismondo con la sua zente era reducto lonze da Modone 8 miglia et li aspectava, che provisione faceva la prefata Signoria de mandarli piu gente et dinari victualia, pero che dice non esser sufficiente a campezare ne fare altro dampno ale terre tiene le Turcho con si pocha gente, che non passano lo numero de mille trecenta cavali et altretanti fanti et sono si male in poncto per li pochi dinari hano hauto maxime

 

 

235

 

me quelli erano in dicta Morea nanti la Venuta del Sr Sigismondo, et etiam per la extrema carestia, che hano, che tuti quanti sono descalze et disarmati in modo che hano invidia a morti et omni giorno nefuzano in qua e la. Pur la Signoria li manda de presenti una nave grossa cari-cha de tormento et orzo et alcun dinari li mandara per lo Capitanio messer Jacobo Loredano, qual si partira per tuto questo mese de qua.

 

. . . Scanderbecho si dice pur che dacordio con messer Cimarosto et che intende far guerra al Turcho dato che questa Illma Signoria tropo non si fida de luy.

 

Ho saputo per uno, che pur me solledire lo vero et che lo sa, che in pregay he stato rasonato et ventilato de removere messer Cimarosto con la compagnia suade cavali cinquecento et mandarlo in la Morea, attento che lo perde tempo li in Albania; ma pur firn qua non he stato deliberato altro, ma staro attento si farano alcu.ia deliberatione et subito advisaro V. E. . .

 

 

6.

Die 24 Augusti.

 

Non credete (il papa Pio II) che lo duce de Venetia . . .

 

Dovesse andare ad questa impresa (contro Turchi). Et pero la S. Sta andafemente era venuto in Anchona con dire: non vegnando lo d'uce, nuy seremo excusati. Ma quando lo odi che nuy ve-gnavamo et anchor non lo credeva, si fece portare

 

 

236

 

ala finestra de la camera, essando infermo et quamprimum lo viste le nostre velle dice, che si lasso andare corno morto et incomenzo ad piangere do poy li accese la colera si factamente, che li viene lo fluxo, che lo spazo, et do poy che fusemo zonti anchor non credeva, che nuy fusemo in galea et mando uno suo nipote, qual ne volssi vedere. Et dice in summa, che tuti li cardinali et quelli de casa del papa li ano dicto: lo duce de Venetia he stato homicida, peroche stato cason de la morte de esso papa. Et che questo sia vero che lo dicto papa non havesse opinion de venire, non hera facto alcun apparato ne de galee, ne de homini, ne de crutiati, ne de armamento, ne glera pur un sacho de bischotto, ne lo Cardinal de Tiano he may parsso con le galee de Pisa in modo che la Signoria era delegata et havea persso la spesa.

 

Tuta questa Signoria a majore usque ad ultimum dichano quanto mal he possibile de dicto papa: io dico cosse mortalissime, che non si direbeno de uno Sarayno, che luy voleva frustare de spese et desfare ad ultimum questa Signoria et che non attendeva, si non ad in grassare soy nepoti et parenti . . .

 

... Lo amico ha inteso, che li Turchi de Bosna de novo sono corsi in quelo de Segna et che messer Cimarosto era admalato gravemente.

 

 

7.

Die 11 Septembris.

 

... Ma ultra questo me dixe (lo Duce) che lo prefato papa Pio era venuto in Anchona et

 

 

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li voleva edificare una forteza per meglio poterla dominare el che havea opinione de fare suo nepote Signor de la Marcha et Romagna, et che li Anchonitani quando fi mortolo papa regnino a rengratiare la Signoria in galea, corno quella li havea liberati dal dicto pericolo de dieta forteza per che segui la morte sua per la venuta de esso principe. Altri dichano, che dicto papa Pio voleva fare in Anchona un fondicho de speciale et altre mercantie et darlo ai Sigri Fi-rentini et desfare Venexia. Ma queste sono parole de piaza . . .

 

 

8.

Die 22 Octobris.

 

... Lo Turcho poy che partie da Yayca havea già licentiato la piu parte de li soy homini commandati et feceva conto con li soy andare ale stantie. Ma poy che ha inteso, che lo rè de Ungaria he passato la Sava per andare in Servia et in Bosna, lo poe fato Turcho fa ritornare in campo tuta la sua gente si li zanichiri, corno li commandati

 

 

9.

8 Decembris.

 

... Si extima pur, chel Sr Sigismondo habia in tuto habandonato Misitra et venuto a Modone ...

 

Lo Turcho con la persona sua he tornato ale stantie in Andronopoli et ha lassato contro lo re de Ungaria lo bassa de la Natòlia con quello dela Romania ...

 

 

238

 

 

III. MONUMENTA VARIA XV—XVII SEC.

 

 

1.

PS. in una lettera ad Mathiam Corvinum, 15 Augusti 1476.

 

. . . Era ancora la nova de rupta de Alibeg, facta per lo dispoto de Servia, homo del Sor re, et per altre gente de S. Mta. Alibeg è un gran bassa del Turco et ha lo guberno de Smedro et quasi de tutta la Servia. Questo havia passato lo Danubio cum cinque o sei milia Turchi et havia facta incursione in questo regno et potissimum (?) in una tera chiamanta Themisvar, et tornando in dreto com la preda, lo dispoto com supradicte gente li andò drieto ; ma non erano le gente havia lo dispoto cum se quasi milia a comparatione de quelle havia Alibeg, et habiando lo jonto, fo alle mani cum lui ; et in abataglia foro morti piu de du milia Turchi, et presi assai, l altri si misero in fuga, et siando andati in quella parte del Danubio, donde erano passati per repassare et siandoli li nostri celle spalle, li fu necessario precipitarsi in lo Danubio, dove sene anaccarono multi centenaro et tr’altro

 

 

239

 

Scanderbeg, fratello de Alibeg, perdero ban-dere et stendardi ; li quali bandere et stendardi сош circa trecento Turchi presi portara overo menara dicto dispoto al Sor Rè, lo quale si aspecta da hora in hora . . .

 

 

2.

Via sive iter a Civitate Venetiarum usque ad Tanaim sive Tanam (e Cod. membr. sec. XV).

 

Fautore deo almam Venetiarum civitatem deserimus et in equum equor gradimur. Polanam civitatem a Poluce per invetata secula conditam capimus, ubi saxeas urnas per agros fusas vix numero explicandas comperui ...

 

(Descriptione insularum Jonicarum et Greciae ommissa).

 

.... Hinc vero discendentibus nobis et per hoc artum pelagus, quod Elespontum nominatur, se nobis offert alvea in partibus Gretie ars potens ac sublimis valde que Galipuli nuncupatur. Hanc possidet perfidus ille Teucer, Hic ut plurimum sedem suam figit ipse, Hanc ut pupillam oculi sui custodit. Hic suum potens navigium optinet. Hinc descendimus et tandem se nobis offert sacratissimam ( !) urbs Constantinopolis. Que Bizantium dicebatur. Que qualis quantave fuerit, nedum calami lingueve offitium deficeret, verumque oculis intuentur in animum stuporem inducunt, et vix humano condita creduntur ingenio Ambit hec ingens civitas miliaria decem octo In conspectu vero hujus alme urbis est civitas politica valde, quam latino

 

 

240

 

nomine Peiram vocamus, Greci vero Galatas dicunt. Hec civiles et sublimes valde continet domos. Hec vero Grecie pars Traicia nuncupatur. Has urbes et mare hoc Elespontum, quod etiam Propontus nominatur, linquimus, et tandem Maurum ingredimur mare. Quod etiam apud auctores Pontum nominari reperio. Per hoc a dextris nostrum sequimur iter per ducenta fore miliaria. Et ibi in partibus Asie quendam reperimus portum, prope quem est Teucrorum civitas, que Penterach noncupatur. Que eodem situ sita est, quo montis Silicis castrum. Sed hec in loco est valde ameniori et hujus orbis illius orbe major. Hanc deserimus et ab eadem parte per miliaria centum convenimus montanum castrum. Quod etiam radices tenet monticuli, Fere omnibus inexpugnabile, quod possident Janunenses. Extra vero muros nihil possident penitus. In eo sacratissima Johanms Cri-sostini membra quiescunt. Hunc deserimus locum et hoc inmane transfetamur pelagus, et tandem nobis Gothorum apparent terre. His portus subimus, et se nobis pandebit ingens urbs Caffa, que milliaria ambit octo, vix suum continet populum. Huic dominantur Januenses. Relictis his a leva Gothorum terris, ab eadem parte se nobis Tartarorum pandunt terre. Et hoc maurum mare linquimus et ex eo egredimur, et aliud ingredimur mare. Quod Meothida palus ab auctoribus nominatur. Hunc vero mare Delicalbach noncupatur. Eo quod in ipso est multitudo piscium quorumdan. Qui Zabach dicuntur, qui scardinarum similitudinem optinent. Adextris vero magnam linquimus provinciam. Que Carchasia nominatur. Per hoc mare secundum ejus longitudinem tranfretamur miliaria ducenta et tandem fines ejus attigimus.

 

 

241

 

Ubi in ipsum famosus amnis per septem ingreditur hostia, qui Tem Tartarorum, vocabulo nostro Tanays dicitur. Hoc flumen ingredimur. Et per ipsum miliaria gradimur XII. Et ibi pagum reperimus, que Tana nuncupatur. Ad quam mercatores diversarum regionum merces deferunt. Hic ergo navigii nostri fiunt finis. Quia Trapesundam ex comuni omnium consensu non ire decretum est.

 

Laus Deo Altissimo.

 

(E Codice membran. sec. XV. s. litt. C. 109).

 

 

3.

Copia d’un discorso fatto dal Sor Paolo Giorgiu gentilhuomo Ragugeo al Sermo Principe di Transilvania sotto il di 10 Gennaro 1595, nel qual tempo S. A. haveva la sua Cavallaria e fanteria in Moldavia 13|m cosacchi 3|m Ungheri et la gente del paese 14|m cavalli et 5|m fanti et in Vallachia un essercito di 10|m Ungheri.

 

Serenissimo Principe et Patron Colendissimo.

 

A questi giorni passati feci un discorso sopra le cose di Moldavia, con il quale significai tutto quello, che giudicai appartenere alla sicurtà delle cose dell' A. V. quale mostrai al magnifico Cancelliere, il quale havendo detto, che delli animi di quella provincia con buon modo l'A. V. s’era sicurata, che piacia al Sor Dio cosi sia. Però in tal materia non mi resta altro, che dire se non sopra la passata, che le gente dell' A. V. hanno da fare di là dal Danubio per l’acquisto del regno di Bolgaria in compagnia delli

 

 

242

 

Cosacchi et Moldavi, che per havere impostomelo il medesimo Cancelliere lo farò nel modo, che la brevità del tempo me lo concede per servire l'A. V., la qual prego a non porgere orechie al bel ordine, ma alla pura et sincera narratione, che le farò ancorché con rozzo stile.

 

A me parrebbe, che in questa passata, che faranno in quel paese de Turchi li Cosacchi, Ungheri et Moldavi per via di Galazo luogo sul Danubio nella Moldavia, debbino usare estrema diligentia di farla quanto prima, perche nella prestezza et velocita sta, che li disegni da lei conceputi sortischino conforme al desiderio dell’ A. V. con lo quale Cesare occupò l'Imperio Romano. Però se l'A. V. ha voglia d’occupare la Bolgaria, che stende dalla bocca del Danubio sino alle radici del monte Emos, che sera detto Regno, e rovinare il paese del Turco, quale è dilà dal monte penetrando sino in Andrinopoli, al qual luogo avanti che vi si pervenga, vi sono queste terre: Artos, Carnovo, Harai et Sambochi, oltre alli Casali, che sono sotto alle loro jurisditioni, ordini et comandi alla sua gente, che con quella prestezza sia possibile s’inca-minino a quella parte del Danubio, mentre vi è la comodità del viaccio, et che danneggino li sopradetti luoghi Turcheschi di là dal monte, riserbando quelli di qua, che lo possono fare con facilita, senza che vi corrino alcun pericolo, che lo mostrerò con vivaci ragioni, acciò l’A V. non vada riservata nelli ordini, il medesimo effetto possono fare le genti di Vallachia, nella quale è pure un formato essercito dell’ A. V., et un luogo molto à proposito per l’acquisto del Regno di Bolgaria.

 

 

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E il Regno di Bulgaria diviso in tre Provincie, la prima è chiamata Dobruccia la quale è piana et aperta senza boschi e fratte è di lunghezza per la marina, cominciando il suo principio dalla foce del Danubio, ove sbocca in mare fino a Vaivar, che questa provincia per molti anni ho praticato. Questi habitatori patiscono di legname per far fuoco in luogo del quale si servono dello sterco de buoni ò vacche, de quali quel paese è abbondantissimo. Patisce dell' acque, et però se ne sono provisti con industria havendo cavato pozzi di 70, 80 passi, et queste sono cativissime. Questa Dobruccia per la marina è habitata da Christiani, et vi sono in essa queste terre: Charar, Maluch, Costanza, Mongalia, Irosla, Balcich e Varna, et li casali delli Christiani pur su la marina sono Orachovera, Cavamo, Corbir, Eiherrena, Franga, Novosello e Gallatta, nessuna di queste terre è habitata da soli Turchi, ne anco da Christiani eccetto che in Balcich, dentro per questo paese in terra ferma è habitato da Turchi et vi sono le infrascritte terre : Fatuchio, Baba, Carassuui, Cassasui, Pastarghi e Provadia. In Sasauni e Babassi e habitano anco li Turchi, nelle quali per ciascuna di esse vi è maggior numero di Christiani, che di Turchi. Tutte le sopradette terre sono habitate dalle genti di Asia, quivi venute per mercature, con la quale occasione sono rimaste ne sono molto atti allò cose militari, ma li habitatori sono bravi e buon numero se ne può metter insieme, ma non hanno altr’ armi, che la spada et pochi l’arco con frezze. Poi vi è la provincia di Deliorman, chiamata con questo nome dalla grandezza de boschi, con abbon-dantia et fecondità di fratte, che altro luogo non vi è appresso, se non dove sono terre casali e vigne,

 

 

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ancora questo paese è ben grande. Questo Deliorman ha queste terre : Sciumgra, Prislavo, Rrosgrad, Cirvenigi, Rusti, e Danistar e Silustria, che tutte queste terre in maggior numero sono habitate da Christiani, e maggiori che Turcheschi. La terza provincia, quale è sotto il monte è nel medesimo Regno di Bulgaria, si chiama Gorilavo, è minore dell’ altre due, ma è più habitata, è piu abbondante et dovitiosa d’ogni cosa, produce bellissimi frutti, in gran copia di grani, orzo e vini. Questa è distante dal Danubio, contiene in se christiani in grandissimo numero e molto bellicosi. La Dobruccia, Deliorman e Govilavo a giuditio universale possono dar fuora da 30|m. Turchi armati malamente. Il Regno poi, che è sotto il governo di tre bechi di Silistria, Nicopoli e Vidimo, non danno piu di mille spai. Questa gente non è atta a far resistenza alle genti di V. A., ne meno a quelli Christiani Bulgheri, et perche la vegga, che non le parlo se non con verita, la quale anco a lei costerà come per essempi del che expertus loquor, uno de quali è questo, che due anni sono passati quando il Bellerbei di Vrumelia menò Aron Vaivoda per rimetterlo di nuovo nello stato di Moldavia, e benché seco havesse condotto 40|m. Turchi, non di meno Pietro Vaivoda Kosaccho, che da Moldavi fù eletto per lor Signore con pochissima gente, che haveva, fece honorata diffesa contro i Turchi, la quale fu tale, che li vietò l'entrata nel suo paese, ne mai gl'haverebbe permesso passare il Sirieto acqua grossissima, la quale quasi divide la Moldavia dalla Vallachia, se non havesse preso terrore dalle gente dell’ Altezza vostra, la quale mandava in ajuto d’Aron, la quale fù cagione, che il Vaivoda Kosaccho si ritirasse inverso case, nel qual

 

 

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luogo et in che modo capitasse in mano delli Ungheri, e poi di Aron variamento si va dicendo, che per non trattenere questo mio ragionamento lascierò, che altri vadino investigando, — dico bene, che io trovo, che Aron quanto è più tristo, tanto ha maggior fortuna, perche sendo stato levato dello stato e menato in Constantinopoli per punirlo nella vita, fù dall’ Illmo Ambassador Anglico non solo liberato dal pericolo, nel quale era, ma con il suo favore di nuovo rimesso nello stato, havendolo anco accomodato di gran somma di danari del suo; nientedimeno li fù ingratissimo, e con il medesimo modo credo habbi pagato V. A., ancorché fusse da lei due volte rimesso in stato, ma hora con l’occasione della scusa si è humiliato, non già per volontà, che ne havesse, ma per necessita, perche sendo in Constantinopoli privato dello stato, qual altro reffuggerio poteva ottenere, che quello dell’ A. V. Dio facia, che questa sua resolutione sia con quella sincerità, che ricerca, Sermo Principe, l’A. V. Da questo ragionamento sopradetto si può comprendere di quanto poco valore siano al presente li Turchi, nel numero de quali non includo quelli de confini di Ungheria. Di piu li dico, che due anni sono nel tempo di Alessandro Vaivoda passorono la Vallachia nel paese di Turchia da 60 Archibusieri, et se bene una quantità di Turchi gli vennero ad osso, non però gli possero fare alcun danno, anzi furono sforzati per il ritorno loro darli libero passo Tutte queste coso sono da poi in qua seguite, le quali ho voluto narrare all’ A. V. accioche tanto piu solleciti, la sua gente a passare a danno Turchesco, et con maggior animo l’inciti a questa tanto gloriosa impresa et benefitiosa per l’A. V. et per tutto il Christianesimo.

 

 

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Resta, che li racconti alcuna parte di casali Christiani, parecchi de quali sono sotto le radici del monte Emos, qual serra tutto il regno di Bulgheria, è paese mezzo giorno di camino distante da Eno monte, et sono queste. Gulana, Gosira, Fuscano, Rovino, Monastierazzi, Plozzo, Dobrina, Caranaz, Crivina, Rovana, Nenor, Vunciari, Gnecuscia, Guglie, Senizza, Calugirezza, Marinar, Tanchevo, Novosello, Mos, Dindeo, Cenga, et da questi casali poco distante vi sono molti altri, che non mi sovengono, de quali vi è numero infinito. Resta verso Soffia Tarnovo citta principale e Metropoli, l'Arcivescovo della quale è uno di casa Daghi, tiene sotto dise 560 casali Christiani, sono grandi di 500 in 800 case l’uno. Appresso questa vi è la terra di Lorica assai ragionevolmente grande et assai riccha e habitata da Turchi et Christiani. Appresso Tarnovo ci è qualche comodità di casali habitati dalli Albanesi quali sono bravi et in occasione si potriano metter in sieme da 1500 di loro tutti a cavalli ben armati. Le due terre sono nella Bolgheria da Tarnovo sino a Soffia, sono quattro giornate. Questa citta è di la da Monti situata nel piano, è grande et assai populata per il gran negotio, che si fa in quella di molte nationi et massime della Raugea, ha in torno a se un piano grandissimo, è distante dal monte Emos mezza giornata, ha sotto di se 300 casali, 560 de quali sono habitati da Christi ni e 49 da Turchi. Io ho fatto la descrittione di questo luogo da me praticato se non con quel ordine, che conveniva, spero, che basterà per l’inteligentia di V. A., nel che in quello havessi mancato, lei con la sua prudenza supplirà, per conclusione le basti, che il Regno della Bolgheria è in maggior numero habitato da Christiani,

 

 

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che da Turchi. Hora le dimostrerò la natura de Bolgheri, la quale in buona parte conosco : sono fieri e d’animo nobile, pocco atti a supportare l’ingiurie, perche quando li sono fatte da chiausi o altre persone, cosi si sono risentiti con vendetta della morte delli insultori, sono inmici de Turchi, niente amici de Greci, assai con la nostra natione Ragugea sono congiontissimi, si per tenere della medesima lingua de nostri, come per il comodo, che da quella per li loro negotii ne ricevono, oltre di che vi è la cagione delle parentelle, che seguono fra loro et li huomini nostri, perche in Silistria, Sciugna e Ruscia e Tarnovo sono vi molte famiglie. Per ciascun luogo amorevolissimi del forestiero e viandante, et nelle case loro lo ricevono, e molto volentieri lo servono in ciò che li occorre con molta prontezza e amorevolezza.

 

Ho voluto narrare la natura loro a l’A V. per che guadagnando la Bulgheria faccia tener modo di guadagnare anco gl’ animi loro, perche con ajuto di essi al certo la conserverà e danneggiarà tutto quel paese di la da Monti sino a Andrinopoli, che sicuramente si può fare senza che la gente dell’ A. V. possa patir alcun danno, che tutto quel paese è pieno di fratte e di arbuscelli, tra quali vi è la strada, si che pedone mai può esser offeso da cavalliere, ma si bene può offender lui senza alcun danno. Pero l’A V. per queste ragioni può moversi a dare ordine per il conquisto di si bel Regno, del quale privato, che harà il nemico, lo privarà della dovitia del vivere, accrescerà alle sue forze 25|m huomeni bravi, che con molta facilità può dare la Bulgheria, che poi harà modo di continuamente infestare la provincia di Julia e Zagora, qual tende verso Andrinopoli,

 

 

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si che Sermo Principe ordini et comandi l’A V. che li Bulgheri dalli suoi capitani et dall’ esercito siano con ogni sorte di piacevoli maniere accarezzati, senza permettere, che in cosa alcuna restino oppressi, et ciò pu ossi fare, perche l’esercito dell’ A. V. harà modo non per un anno, ma per molti di mantenersi tanta dovitia et abbondanza de grani, orsi et animali. Vi sono di quelli Turchi habitatori del Regno, anzi per alletare li animi loro et per ridurli con minore facilità alla devotione dell’ A. V. è bene, che sia loro la preda che faranno, perchè in questo modo si aplicheranno a pericoli et imprese maggiori, ne in ciò sieno avari li suoi capitani, che il più delle volte l’avaritia suole esser cagione di gran ruvine perche quando li Christiani retassino disgustati potrieno retroarsi ne monti et conservare li passi aili Turchi, che verano questa estate aciò senza altra difficulta entrino nella Bulgheria; dunque è meglio, che l’A. V. resti sicura delli animi de Bulgheri li dirò di sotto le cagioni, dalle quali sono sforzati non solo bramare la passata delle genti sue, ma anco il congiungimento, corno con molto affetto lo desiderano, perche vista che havessino l’esercito de Christiani ne paesi loro, essi senza alcuno ajuto farieno strage di tutti quei Turchi habitatori di quel Regno, che sopra ciò molte volte me ne hanno ragionato, et questo fu Pinverno passato, quando intenderono, che le cose de Christiani andavano felicemente, et più volte hanno dimandato, se tal nuove erano vere, quali io non solo li confirmavo, ma accrescevo maggiori, della qual cosa essi prendevano infinito giubilo et rendevano gratie al sommo Dio, Pajuto del quale invocavano per li buoni successi. Però sono loro resolutissimi quando havevano occasione

 

 

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unirsi con li Christiani, et anco di danneggiare li Turchi, per confermatone della qual cosa et per far conoscere, che l’animo loro sia tale, potrei dire molte cose a questo proposito, le quali tralascio per non tediare l'A. V. ma non tacerò quello conosco sia a proposito per far credere, che cosi sia come di sopra ho detto. Dicole dunque, che 15 anni sono, che la prima volta d'Italia veni in paese di Turchia, dove quattro anni solo vi dimorai, quali quasi consumai in viaggi caminando per tutto il paese Turchesco, con occasione de quali acquistai in qualche parte la cognitione del regno di Bulgheria et dello stato de Christiani, come anchora delli costumi Turcheschi. Delli Christiani era felicissimo lo stato si per la liberta nella quale si trovavano, et per la robba et havere, dall’ altro canto i Turchi erano di buonissima natura, quali non trovagliavano li Christiani, ne permettevono, che da alcuno fusseno molestati, oltre che anco in ciò il giudicato era securissimo. Hora con la mia venuta seguita dal 1590 ho trovato lo stato di molti diversissimo quello de Christiani oppresso da molta miseria, si per le gran gravezze, che di nuovo pagano, come per il danno, che ricevono da giannizzari, de quali tutte le terre e casali di Bulgheria sono pieni, che in quel tempo di prima non ve ne erano se non pochi, perche io mi ricordio, che in Pravato dove noi trovamo la cosa non vi erano se non pochi quattro gianizzeri, et hora 80, cosi per altri luoghi moltiplicati. Questi sono quelli, che opprimono li Christiani con interessi di cento per cento in tre mesi, oltre la servitu, che sono obligati a fare; a questo si aggiunge la privatione della miglior parte del terreno, la quale piglia il giannizzero al suo fratello (?),

 

 

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che prima non facevono cosi, perche non vivevano con tante delitie, ne havevano moglie, ne figliuoli, et però, non erano tanto avari, che quasi la professione loro è piu di mercante, che di soldato. Con questo concorro da che comincio questa guerra, la privatione de loro beni fattali da giannizzari et spaihani, che vano alla guerra, et il violamento de figliuoli alli occhi paterni e materni, le quali cose mai nelle prime guerre furono fatte, et li Turchi, che commettono queste sceleragini, non sono castigati, ne a farlo li giudici ardiscono. In questa materia potria dire gran cose, ma mi pare, che questo basti per fare conoscere, che l’animo de Bulgheri sia buono e sincero verso li Christiani et iniquo verso li Turchi, che come si vede n’ hanno più che occasione, si che A. V. puo da questo comprendere, che li Turchi hanno il nemico in casa loro cagionato dal mal trattamento, che fanno a quei miseri con ajuto de quali acquistorno tutto quello, che possegono in Europa. Di più hanno perso quell’ antico valore, sono discorretti, disordinati e tutti generalmente sono dati al denaro, e più li Spai e li gianizzari, che li altri. Ho scorso tanto oltre con la penna aciò l’A. V. sappia la variatione, che è seguita nella vita, nelli costumi e nel valore della natione de Turchi.

 

E cosa certa, che la citta di Constantinopoli sin qui è stata sostenuta dalla Vallachia e Moldavia con grani, orzi, carne, mele e butiro; il medesimo ha fatto la Bulgheria, la quale quando mancasse di sovvenirla per lei et per il numerabile essercito, che a questo giugno verra dell’ Asia, e non prima, resta, che solo la Grecia, la quale non è possibile, che possa sovenire la citta di Constantinopoli, e l'essercito,

 

 

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cho verra a danno dell’ A. V. e di quelli dell' Ungheria, la quale per ridurre a maggior strettezza insieme con l’esercito puossi fare con una passata di la da Monti, abbruciando tutti li grani, che si troverano nel territorio d’Andrinopoli, nel che la s’harieno ajutori li Bulgheri. Con questa operatione l’A V. metterà in tanta dificultà la citta di Constantinopoli et di Andrinopoli e Pessercito nemico, che li astringerà a molta incomodità, levandoli il modo di potersi longamente mantenere. Questo si può fare, se però si userà quella diligentia, che ricerca una tanta impresa e quando a questo si aggiungesse Timpedi-mento alla navigatione di Arcipelago, come li Christiani possono farlo per maro in tal tempo in che grado si trovcrrano le genti di Constantinopoli et l’essercito nemico. Io ho proposto le cose miscibili senza alcun detrimento delle genti dell’ A. V.

 

S. Pr. Se queste coso da me discorse et significatele le parranno degne di essere accettate, potria fare, che siano eseguite, che rassicuro sara grandissimo guadagno, oltreché con maggior facilita potrà conservare li passi del monte Emos, li quali brevemente dimostrerò.

 

Il primo ò con il quale possono passare li Carti (carri?) quattro miglia distante dal mare e dal Promontorio si passa per il casale chiamato Goliva, è habitato da Christiani, c l’altro e passo di carra, et vi si va per il casale di Cengha, tra questi vi è un da cavalli, ma cativissimo. Poi verso Sugna terra della quale volendo andare verso Comorevo vi è per il medesimo monte la via di carri. Appresso Tarnova sono 4 vie, una da carri et tre da cavalli, ma difficilissime, le quali con poca gente possono custodirsi,

 

 

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una vi è per la quale si va in Soffia et è da carri; poi l’ultimo passo sopra Vidinio, nel quale non si può venire se non a cavallo Io lodo più che la guerra si faccia lontano dalli paesi di V. A. perche spero, che avverrà a suoi capitani quello, che avvenne a Scipione Africano, il quale con la sua andata in Africa liberò la citta di Roma et tutta l’Italia da nemici, preso il regno di Cartagine e l’augumentò alla sua patria.

 

Io ho detto tutto quello, che ho saputo in questa materia all’ A. V. Hora mi offero, si però li pare, che io sia atto d’ incittare l’animo de Bulgheri e ridurli alla devotione dell' A. V. perche spererei di buona parte di quella gente, che habita d' intorno Varna, Provato, Sugna, ridurre alla devotione di lei, che di questo buono effetto posso promettere per la conoscenza, che ho dalli casali denotati, come con molti altri, si che io la posso servire in questa parte, et li Sorghi possano farlo in quella di Rossia et Tornovo, che a questo luogho sono appresso e vicini. Non resterò di dire all’ A. V. che in Bulgheria sono molti casali habitati da Albanesi, de quali al numero di 7|m possono mettere insieme, sono bravi et bene armati, et già tre mesi sono, che si erano offerti 600 di essere al servitio di V. A., quando però la sua gente passasse dalla parte di Turchia, et se all’ hora erano di cosi buon animo, hora che per la passano li kosacchi saranno di migliore et molto. Più pronti ad abbreviare l'A. V., con qual fine prego il Sor Deo le conceda longa vita e buona fortuna, et che io le

 

 

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sia utile servitore, et humilmente le baccio le mano.

D’ Alba Julia adi 5 di Genjtro 1595.

 

Di V. A. Serma

Affmo et Humilmo Servitore Paolo Giorgiu.

 

(Cod R 94 Sup.).

 

 

4.

Insignibus virtutibus ac scientiis erudito Jacobo Aloysio Cornelio, Patricio Veneto.

 

In nomine Omnipotentis et in omnibus ejusdem essentiae existentis Dei ubique et in omnibus simul imperantis Domini, qui beneficia sua omnibus impertit et qui est Imperator Imperatorum atque admodum magnus Pater, qui sua potentia non solum nobis prospicit, sed etiam alimentis prospicit et subvenit. Quem nos unum in Trinitate Dominum confitemur, cujus favore et amore nos non solum sumus ditati, sed aliis innumeris beneficiis ac Imperiorum pro potenti Dominio et magnitudine augmentati, Idem ipse Rex Regum nos cum Dominiis nostris velit defendere, conservare et tutari in aeternum. A prepotenti Principe et Imperatore Boryssio Fiedoroviz totius Russiae Monarcha, Volodimeriensi, Moscovitensi, Novgorodensi Duce, Kasaniensi, Hastrocaniensi Dynasta, Plescoviensi et Smoliscensi Principe, Tueriensi, Uhorsiensi, Permiensi, Vetchiensi et aliorum Domino et Magni Novogrodi Duce inferioris terre, Cernigoviensi, Resaniensi, Rostoniensi, Jaroslaviensi, Belozeriensi,

 

 

254

 

Udoriensi, Obdoriensi, Condynicnsi et totius Severiensis terre, Divisore et Domino Struzinensium Ducum et Rahdariensis terre, czerhasiensium Ducum et aliorum complurium Dominorum et Ducatum Domino, Monarcha et Distributor e. Nostrae Caesareae Majestatis ct Magnitudinis vocem benevolentiae nostrae anuntiamus tibi Jacobo Aloysio Cornelio admodum insignibus virtutibus erudito, insimul etiam aliis quicunque sint Doctores sive eruditi variis scientiis et experientiis, qui a te missi ad Nos Magnum Dominum et Principem Boryssium Fiedoroviz totius Russiae Monarcham et in nostrum Moscoviticum Imperium miseris, ut sua industria nobis gratificari vellent. Nos autem Magnus Princeps et Dominus Boryssus Fiedoroviz totius Russiae Monarcha et Magnorum Dominiorum Imperator et Gubernator et Dator, pro his omnibus mandamus has nostras Ducales passuum litteras per Mutium Britium Italum, quod illis scilicet omnibus licitum sit venire in nostrum Dominium et ad nostram Imperatoriam Magnitudinem atque iisdem iterum reverti sine ulla detentione et obstaculo. Te autem Jacobe Aloysi Corneli, ut nostrae Magnitudini complaceas, et Doctores et alios in scien t iis versatos et in artibus ad nos venire permittas, et procurare rogamur: Si autem tu ipse volueris ad nostram magnitudinem venire et nostros Caesareos Serenissimos oculos conspicere volueris, et ad nos Ducem Magnum et Imperatorem Boryssium Fiedoroviz totius Russiae Monarcha m proficisci decreveris, ut id facias te certum redimus nulla impedimenti et remotionis habita ratione, et cum ad nostram Caesaream Magnitudinem deveneris et nostros

 

 

255

 

Caesareos oculos aspicieris Nos Magnus Dux et Imperator Boryssius Fiedoroviz totius Russiae Monarcha te singulari nostra Caesarea gratia et benevolentia complectemur secundum tuam nobilitatem, honestatem, vocationem et dignitatem : hic autem apud Nos conversando cum volueris ubicunque proficisci et ad tuam patriam redire et ex nostro dominio discedere, Nostra Caesarea insigni gratia complecteris et magnificis donis et honoribus dictaberis, absque ulla prorsus detentione et impedimento. Ecce tibi nostrae Caesareae litterae passuales, datae in Aula Dominii nostri Caesarei Arcis Moscua. Anno ab expectato federe mensis Augusti.

 

(Cod. R. 94. P. sup.).

 

 . . .

 


 

 

Monumenta Historica Slаvorum Meridionalium Vicinorumque Populorum

Deprompta e tabulariis et bibliothecis italicis

a

Vicentio Macuscev,

Doctore philologiae slavicae, professore ordinario In Caesarea Universitate Scientiarum Varsoviensi.

 

Volumen II. Genua, Mantua, Mediolanum, Panormus et Taurinum.

 

Belgradi.

Typographia Regni Serbiae.

MDCCCLXXXII

 

 

Monuments historiques des slaves méridionaux et de leurs voisins,

tirés des archives et des bibliothèques publiques d’Italie

par le

Dr. Vincent Makouchew,

Professeur ordinaire a l’Université de Varsovie, membre-corr. de l’Académie des Sciences a St. Pétersbourg, de la Société Savante serbe a Belgrade etc.

 

2e volume. Gènes, Mantoue, Milan, Palerme, Turin.

 

Belgrade.

Imprimerie officielle du Royaume serbe.

1882.

 

 

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